Al largo di Okinawa. Petrolio, armi, spie e affari nella sfida tra Cina e Usa by Alessandro Spaventa & Salvatore Monni

Al largo di Okinawa. Petrolio, armi, spie e affari nella sfida tra Cina e Usa by Alessandro Spaventa & Salvatore Monni

autore:Alessandro Spaventa & Salvatore Monni [Spaventa, Alessandro & Monni, Salvatore]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Cina
editore: Laterza
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


L’aspirapolvere intellettuale

Per molti funzionari dell’intelligence e del dipartimento della Giustizia statunitensi il caso Mak e gli altri scoperti negli ultimi anni rappresentano solo piccole tessere di un’operazione di raccolta di intelligence messa in piedi da tempo e di sempre maggiori dimensioni e complessità. L’opinione sempre più diffusa è che il governo cinese sia impegnato in una raccolta di massa di informazioni, che James Lilley, agente della CIA in Cina tra il 1975 e il 1978 e successivamente ambasciatore a Pechino dal 1989 al 1991, ha definito «aspirapolvere intellettuale». Il governo cinese avrebbe dispiegato una rete di spie professionali, studenti, scienziati e persone le più varie per raccogliere sistematicamente know-how e informazioni. Alcune delle spie sarebbero in grado di utilizzare tecniche moderne e sofisticate di spionaggio elettronico. Altre, come Mak, sono esperti o tecnici che vivono da anni negli Stati Uniti e che si sono perfettamente integrati nelle rispettive comunità.

«La minaccia è molto semplice», ha affermato il viceprocuratore generale Kenneth Wainstein, che ha istruito il caso Bergersen, «è una minaccia alla nostra sicurezza nazionale e alla nostra posizione economica nel mondo, una minaccia che viene da sforzi continui di servizi di spionaggio stranieri di penetrare i nostri sistemi di sicurezza e trafugare le informazioni e la tecnologia militare più segreta».

Ma non è solo la tecnologia militare ad interessare i cinesi. Molto appetite sono anche informazioni sulla tecnologia sviluppata dalle imprese americane, come segnalava nel 2007 il rapporto della US-China Economic and Security Review Commission, una commissione creata nel 2000 su mandato del Congresso americano per monitorare sviluppi e implicazioni economiche e militari dei rapporti bilaterali tra Stati Uniti e Cina. Nel rapporto, assai contestato da Pechino, la commissione affermava che lo spionaggio cinese permette alle aziende nazionali di acquisire nuove tecnologie «senza dover investire tempo e denaro in ricerca». E qui non si sta parlando di cappotti e scarpe, ma di tecnologie che valgono centinaia di milioni di dollari. Esemplare a riguardo è il caso di Hanjuan Jin, un ingegnere informatico di origine cinese e naturalizzata americana che lavorava per la multinazionale americana delle telecomunicazioni Motorola. Arrestata nel marzo del 2008, Jin è stata accusata di aver sottratto dalla rete informatica dell’azienda e di aver portato o tentato di portare in Cina documenti estremamente riservati, il cui valore viene valutato dalla stessa Motorola in circa 600 milioni di dollari. Una bella cifra, non c’è che dire.

«Un tempo lo spionaggio era un problema che riguardava FBI, CIA e l’esercito, ora è un problema delle corporation», ha affermato Brenner, a capo dell’ufficio del direttore della National Intelligence. «Non è più una cosa da barbe finte. Ora riguarda l’architettura dei sistemi informatici ed elettronici». Ipotesi confermata da Timothy Bereznay, della sezione di controspionaggio del FBI, che afferma che «i cinesi stanno agendo ovunque negli Stati Uniti. Abbiamo avuto casi a Palo Alto in California, nel Wisconsin, a Trenton nel New Jersey. È un’azione pervasiva e ridondante». «Hanno compreso che quello che vogliono si trova sparso per tutti gli Stati Uniti, non solo nelle ambasciate



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